Colpo della strega: scopriamo insieme di cosa si tratta e come affrontarlo

17 Mag

Cos’è il colpo della strega

Il colpo della strega è, in gergo colloquiale, un episodio acuto di dolore nella parte più bassa della nostra schiena, cioè il tratto lombare.
Nella vita si stima che circa l’80% e più delle persone lo sperimenti almeno in una occasione.
Ti svegli, pensi sia una giornata come un’altra e, senza preavviso, avverti una fitta alla colonna lombare.
Sei impotente, non riesci a girarti da un lato o persino a rimanere dritto, e a mo’ di gobbo di Notredame ti trascini nel reparto medicine a cercare un rimedio salvavita.

Invalidante? Sì.
Pericoloso? La scienza ci dice di no.

Vediamo insieme il perchè.

La lombalgia acuta è, nel 98% dei casi, una storia benigna e auto-limitante: non è grave, nè nociva e tende a scomparire in pochi giorni o settimane.
Sapere di cosa si tratta è però molto utile ad accorciare questo lasso di tempo ed a tornare quanto prima alla vita di tutti i giorni.

In questo articolo parleremo di quel 98%, cioè dell’inquadramento e soprattutto della gestione ottimale della lombagia benigna aspecifica.
Per sapere se rientri in questa categoria, è fondamentale essersi già confrontati col medico e aver escluso la presenza di cause gravi e/o strutturali ed eventuali altri
percorsi di approfondimento.
Se ti ha rassicurato sul fatto che non ha riscontrato nulla di grave e che “passerà”, questo articolo spero ti dia consigli utili e pratici per stare meglio… E prima!

Come siamo fatti: la colonna vertebrale, anatomia e ruolo

Prima di proseguire capiamo però cos è la “lombalgia” e di che strutture stiamo parlando.
A garantirci sostegno e verticalità di tutta la schiena interviene soprattutto la colonna vertebrale, cioè l’insieme di vertebre che si articolano dalla base della nuca a scendere fino a sacro e coccige.

È una struttura molto solida, ma allo stesso tempo flessibile e questo ci consente di non cedere con la gravità e di poter muoverci fluidamente e non come robot.
Abbiamo nello specifico sette vertebre cervicale, dodici vertebre dorsali e cinque vertebre lombari che si continuano col sacro -struttura ossea fusa in unico osso
trapezoidale.

Il tratto più frequentemente colpito da episodi di dolore è il tratto lombare, seguito da quello cervicale. Probabilmente è proprio perchè, (s)fortunamente, sono i tratti più mobili.
Le qualità di mobilità e sostegno della nostra colonna vertebrale sono presenti tutta la vita?

Dipende. Il corpo risponde sempre agli stimoli che gli diamo, quindi quanto e come sfruttiamo la nostra colonna determinerà il nostro grado di stabilità e di mobilità di tutto il tronco e il corpo nello spazio.
Abituarci a muovere la colonna vertebrale spesso e in tutte le direzioni, com’è intuitivo, ci garantirà flessibilità; sostenere carichi, allenare i muscoli alla verticalità e a richieste di stabilità, renderà la nostra colonna “forte”, robusta e vigorosa.

Quali sono le cause del colpo di frusta

Con questa immagine virile della nostra colonna vertebrale, torniamo a calarci nel tragico momento shockante del colpo di frusta. Può verificarsi all’improvviso mentre ci chiniamo in avanti, mentre svitiamo una lampadina o solo cambiando posizione sul divano.
Di chi è la colpa quindi: della marca del divano, della lampadina o della gravità?
Probabilmente non ci sono complici nascosti; il peso di una penna o una lampadina è irrisorio e non giustificherebbe un quadro di dolore acuto.
Come Fisioterapista, di solito parto da domande che investigano che lavoro fa la persona, come e quanto si muove quotidianamente, a che stress si sottopone e come concepisce il movimento (alzi la mano chi ha paura di chinarsi in avanti eccessivamente…).

Infatti la causa del colpo della strega è di solito funzionale, non traumatica: alcuni fattori alterano in quel periodo il modo di funzionare della colonna vertebrale e la
risposta protettiva del cervello, nostro fedele guardia del corpo, è di dolore.
Quali sono questi fattori? Sedentarietà, lavori usuranti, scarsa forza o mobilità del distretto lombare o dei distretti vicini (anca, tratto dorsale e cervicale), infiammazione generale del corpo, fattori psicologici (periodi di stress, ansia, forte richieste cognitive), scarso equilibrio tra contesti di movimento e contesti di staticità in posizioni mantenute a lungo. E sono solo alcuni.

Quello che certamente sappiamo è che non c’è UNA STRUTTURA responsabile del dolore lombare acuto: le faccette articolari, il disco intervertebrale, i muscoli adiacenti alla colonna e i legamenti spinali possono sì essere irritati, ma non rappresentano quasi mai da soli la causa di insorgenza del tuo episodio spiacevole.
Ecco perchè non ha senso in prima battuta fare esami strumentali come risonanza, radiografia o affini: sarebbe come cercare lo zucchero al supermercato nel reparto macelleria. Probabilmente troveresti qualcosa di curioso e interessante, ma che non ti
serve il quel momento…
E a dirla tutta, spesso è fuorviante e terrorizzante leggere paroloni come “ernia” “protrusione” “disco disidratato” e tutti altri riscontri presenti in quasi tutti, a
prescindere dalla presenza o meno di dolore.

Cosa fare in prima battuta

Prima di tutto, non farsi prendere dall’ansia. Riconoscere di cosa si tratta e sapere che è quasi un rito di iniziazione a cui tutti noi adulti siamo sottoposti per entrare nel club è già rincuorante.
Può essere utile iniziare a muovere le parti del corpo vicine e non doloranti: assumi una posizione accettabile (magari sarà difficile da individuare e dovrai usare cuscini, rialzi, decubiti diversi) e inizia per esempio col muovere il collo o il tratto dorsale.
Ad esempio puoi porre le mani incrociate sulle spalle e iniziare a fare delle piccole rotazioni dove non hai dolore, o muovere dolcemente il bacino.
Non importa quale sia il movimento: potresti simulare di far girare un hula-hop o esplorare il movimento di antiversione e retroversione del bacino (ruotarlo avanti e indietro come per spingere in avanti l’ombelico e schiacciarlo in dentro).
Muovere parti diverse del corpo è un primo farmaco: si chiama analgesia indotta e spiega come il movimento a distanza può rilasciare ormoni e stimoli che promuovono la riduzione del dolore in altre zone.
Molto utile, soprattutto se ti è difficile anche muovere un dito, è dedicarsi alla respirazione.
Quale? Per esempio, potresti porre una mano sull’addome e concentrarti sul sentire l’aria che spinge la pancia in fuori a gonfiarsi e viceversa che si svuota completamente.
Avrai fatto esperienza della respirazione diaframmatica.
Puoi ripeterla molte volte al giorno, per alcuni minuti, e dopo la pratica verificare se il sintomo è migliorato.
Altri strumenti di gestione possono essere cerotti riscaldanti o altri presidi consigliati dal proprio medico, piccoli momenti di meditazione, training autogeno o qualsiasi altra tecnica che promuova il rilassamento muscolare, o qualche bella doccia calda.

Cosa non fare

La prima regola da tenere a mente non è sempre intuitiva, ma la scienza ce lo dice a gran voce: evitare il riposo assoluto.
Se ai nostri nonni veniva detto di rimanere a letto qualche giorno, ora si sa che questo atteggiamento non è produttivo, ma anzi è deleterio.
Contribuisce ad alimentare il sistema di allerta che risponde con più dolore, inibisce ulteriormente i muscoli e provoca un indebolimento delle strutture della colonna, riduce ogni contesto di movimento che è essenziale per drenare le sostanze di scarto, ridare flessibilità e libertà di movimento ai tessuti.

Alcune proposte di movimento

NO LETTO, Sì al MOVIMENTO.
No, non vi sto dicendo di ignorare il mal di schiena e fare una maratona, ma di fidarvi e dare una chance al vostro corpo, fornendo dei sani e semplici stimoli di movimento.
Magari fare una camminata, riprendere attività in scarico come la bici assistita o sequenze di mobilità della colonna.
Scommetto che conoscete già almeno uno di questi esercizi: il ponte, gatto-mucca, strisciare lateralmente con le dita della mano lungo la gamba, la posizione a quattro zampe ricercando l’allineamento di tutta la colonna.
Sono solo degli esempi, ma ci devono ricordare la strada più salutare da percorrere in base alle preferenze della nostra colonna.

Come proseguire quando il dolore è ingestibile?

Da “Dottoressa, mi fa male tutto” a “Non riesco a portare pesi, ma riesco nuovamente a camminare qualche km/ arrivare agli scaffali in alto/ dormire sul fianco e prona/ […]” è apparentemente un attimo, ma a livello clinico è un OTTIMO segno.
Vuol dire che il corpo vi sta dando sottovoce un suggerimento per proseguire alla fase successiva: è l’aiuto da casa che contiene già la risposta.
Infatti, appena le strutture irritabili e “offese” smettono di rispondere con dolore ad ogni stimolo, sicuramente ci saranno delle proposte che potrete riprovare a
sperimentare.
Partiamo dai movimenti della parte lombare: la schiena ti accompagna a chinarti in avanti, indietro sollevando la testa verso il soffitto e incurvando la colonna al seguito, ma anche di lato a destra e a sinistra e nelle rotazioni.
Se sei in questa fase, l’obiettivo è trovare quelle che ti danno poco o nessun dolore e… FARLE TUE.
Ripetere le cosiddette “direzioni preferenziali di movimento” nel corso della giornata ti permetterà di riacquisire con gradualità anche gli altri movimenti.

Fisioterapia: inizia tutto dalla valutazione iniziale

Appena il dolore non è limitante, è importante fare un “provino” alla vostra schiena.
In primis per escludere residuali disabilità o sintomi da indagare e, fondamentale per il recupero ottimale, per capire chi è il candidato al provino e come portarlo da aspirante artista a vero esperto.
Mi spiego meglio: vi ricordate che prima parlavamo di cause funzionali del mal di schiena?
Tutte le funzioni possono essere indagate studiando come muovi la colonna, con test specifici, con movimenti guidati dal Fisioterapista, con richieste di stabilità e mobilità che si sarà più o meno in grado di soddisfare…
Tracciato quindi il “curriculum” iniziale, si lavora sul TUO mal di schiena.
Vi immaginereste lo stesso percorso di crescita artistica e lo stesso repertorio per Gianna Nannini e Celine Dion?!
Quindi, curriculum in mano, si scelgono insieme degli obiettivi e si stabiliscono modalità per raggiungerli e tempistiche

Quale trattamento è indicato nella fase intermedia?

Gli approcci sono diversi, ma portano tutti alla stessa strada: ritornare alla vita di tutti i giorni e, potenzialmente, con una colonna ancora più forte e preparata di prima.
La Fisioterapia aiuta proprio in questo: esistono molteplici tecniche di terapia manuale e miofasciale per ridurre il dolore, ridare vascolarizzazione alla zona che è rimasta ferma e dolente e aprire così le porte per impostare un lavoro attivo.
E su cosa verterà il lavoro attivo?
La scienza ci dice che non c’è una categoria di esercizi superiore alle altre, pertanto ecco la buona notizia: si può impostare e scegliere l’esercizio che funzioni di più su di te e, soprattutto, che ti piaccia di più!
C’è chi preferisce contesti di fatica e vuole sentirsi allo strenuo delle forze usando resistenze, chi predilige approcci posturali, chi approcci che riprendono i concetti di yoga e tai chi.
Per fortuna il panorama è ampio; quello che è importante è sapere su cosa lavorare in base alla valutazione iniziale.

Quindi come funziona la fisioterapia nel mal di schiena? Un caso clinico

Esempio: Maria, segretaria di 35 anni, primo episodio di mal di schiena. Lavora 8 ore al giorno e due volte a settimana aveva iniziato a giocare a tennis dopo anni di
sedentarietà. Dorme 5 ore a notte. Sono passati 5 giorni dall’insorgenza del mal di schiena ed, escluse patologie gravi,
adesso è in malattia e impaurita su cosa fare e temendo di peggiorare le cose provando a muoversi.

Cosa direste a Maria?

Sicuramente che è giovane e che quindi ci saranno molte opportunità per rimetterla in “pista”, quindi di non spaventarsi e non smettere l’attività sportiva, anzi! 8 ore di posizione mantenuta significa che la sua schiena brami qualsiasi contesto di evasione dove poterla allenare, muovere, sollecitare.
Un primo obiettivo potrebbe essere tornare a lavoro e insegnarle dei primi movimenti da compiere più volte al giorno per dare contesti di mobilità e vascolarità al corpo e ritrovare dei movimenti piacevoli e indolori.

E che le diremo a proposito del sonno? La verità, cioè che il sonno aiuta moltissimo la guarigione e la ripresa della funzionalità dei tessuti; viceversa, privarsi delle ore di sonno adeguate (7-9) alimenta stati irritativi, promuove riduzione del tono dell’umore, minor aderenza alla vita quotidiana ed alle routine di movimento.
E poi? Poi ci sarà il lavoro più divertente, allenando la colonna a tollerare gesti sempre più veloci, in tutte le direzioni, con sempre più imprevedibilità e man mano simulando piccoli gesti del tennis in seduta… E poi in campo.
Spero che ti sia riconosciuto nella storia di Maria e sono sicura tu possa far tesoro dei consigli pratici di questo articolo.

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