Cervicale e cervicalgia: di cosa parliamo
“Ho la cervicale”. Esordio tipico alla valutazione col medico o con il fisioterapista. La verità è che la cervicale ce l’abbiamo tutti (forse un po’ meno evidente si se è Maurizio Costanzo): si tratta del tratto cervicale della colonna vertebrale.
Sono infatti le primissime sette vertebre del nostro corpo, cioè quelle che dalla base della nuca, l’occipite, scendono fino alla base del collo. In realtà è una zona costituita non solo dalle vertebre, ma anche da molti muscoli, legamenti, forti connessioni fasciali con il cranio, il torace e le braccia.
La colonna cervicale ha un ruolo fondamentale nella postura, nella vista, nei movimenti anche degli altri tratti della colonna vertebrale, nella coordinazione e stabilità delle braccia, nell’equilibrio. E protegge le strutture delicate che passano profondamente, come midollo e strutture nervose.
è quindi come un pannello di controllo che gestisce e coordina moltissime funzioni. Ecco perchè, se interessato da episodi di dolore, spesso diventa velocemente invalidante e spinge molte persone ad andare dal Medico.
Cervicalgia: quali sono i sintomi
Abbiamo tutti la cervicale, ma quando è dolente abbiamo la CERVICALGIA.
Quindi il primo sintomo è il DOLORE al distretto cervicale e, come vedremo, spesso riferito anche altrove.
Ma il quadro di solito comprende anche:
-dolorabilità al movimento, quindi difficoltà a direzionare il collo perchè l’inizio, l’escursione o la fine del movimento generano dolore. Il dolore può generarsi solo durante il movimento, o lasciare per un po’ una dolenzia diffusa della zona;
-Sensazioni di “morsa”, compressione, disagio e discomfort di tutta la nuca e il collo;
-Rigidità in una o più direzioni, quindi la sensazione di avere uno STOP che vincola un movimento (ad esempio non riuscire a fare la retromarcia, a chinarsi col capo per allacciarsi le scarpe, a guardare il soffitto);
-Dolore alla palpazione della zona, come se certi punti o aree fossero più sensibili (e vedremo che spesso lo sono ed esamineremo il perchè)
-Vertigini, nausea
-Altri segni e sintomi neurovegetativi
-Dolore lungo il braccio o bilaterale ad entrambe le braccia
-Dolenzia a livello delle tempie, della mandibola
-Sensazione e spesso riscontro di muscoli tesi e contratti (“ho il trapezio di marmo”)
Essere bipedi ed il fardello della cervicale
Dal passaggio evolutivo da quadrupedi a bipedi abbiamo guadagnato infatti moltissime funzioni e punti di forza, ma rendendo la nostra colonna vertebrale più suscettibile a carichi, alla stessa gravità e più vulnerabile a fenomeni degenerativi. Abbiamo più flessibilità della schiena e moltissimo spazio per muoverla, non essendo vincolati con le mani ad alcun punto fisso, ma per prevenirne esiti degenerativi e di dolore persistente dovremmo allenarla sempre a questa evolutivamente “nuova” postura verticale ed alla sua stabilità.
Una fortuna, o una condanna.
Quando si ha male al collo, si ha infatti spesso la sensazione che questo pesi un quintale e che sia una fatica erculea mantenerlo attivamente dritto, stabile e performante.
Ma ormai la postura bipede non è opzionale e quindi iniziamo col capire come affrontarne al meglio le conseguenze… Dall’alto.
Dei disturbi della colonna, la cervicalgia è seconda solo alla lombalgia, ma spesso più invalidante.
Questo è sempre più palese nelle ultime generazioni: stile di vita caotico e stressante, posture mantenute a lungo, postura sempre china col capo in flessione per l’uso di smartphone,computeer, tablet.
Quali possono essere le cause
Un dolore acuto, come primo episodio nel distretto cervicale, può essere anche solo frutto di alcune abitudini posturali, una richiesta di movimenti diversi o più faticosi rispetto alla propria routine usuale.
Qualcuno infatti inizia magari yoga o palestra e si aggiudica una prima esperienza di torcicollo.
Ancora, c’è chi per lavoro deve stare 10 ore seduto/a davanti al computer.
I contesti che predispongo a qualche dolore ed eventualmente al torcicollo sono molteplici.
Prima riflessione da fare è quindi: ho cambiato qualche abitudine nella vita di tutti i giorni? Ho modificato qualche postura? Gli stress a cui sottopongo la fatidica colonna da bipede sono aumentati?
O viceversa, ero abituato a muovere e allenare la colonna vertebrale e per impegni/voglia/tempo ho ridotto questi contesti di movimento?
Inquadramento: cervicalgia acuta, ricorrente o persistente
Queste riflessioni ci guidano per capire se possa essere sufficiente cambiare lo stile di vita e gestire conservativamente l’episodio acuto senza particolari paturnie ed evitandosi visite di indagine peregrinando da un centro all’altro o se approfondire meglio il quadro.
Spesso però si è già all’ennesimo episodio di male al collo. Se è qualcosa che ritorna più volte all’anno e si alterna a periodi di benessere, si parla di cervicalgia ricorrente. Laddove invece, anche se non sempre con la stessa intensità e peculiarità, è parte del vissuto quotidiano della persona, il contesto è di dolore persistente.
è fondamentale capire col proprio medico in quale di queste tre cornici rientri e quindi quale gestione vada attuata per prendere in carico il tuo problema.
Come è facile intuire, è auspicabile intervenire al primo episodio od alle prime avvisaglie di recidiva, proprio per prevenire la cronicizzazione del quadro.
Quando la cervicalgia diventa ricorrente e come prevenire
E arriviamo alle note dolenti: chi ha avuto un primo episodio di male al collo, è più predisposto ad averne ulteriori in futuro. Un episodio tira l’altro.
Come però si affronta il dolore e soprattutto il recupero e il miglioramento, influirà sulla portata degli episodi futuri, cioè delle recidive.
Infatti, una cervicalgia benigna e non sottesa a cause gravi (che non affronteremo in questo articolo), può ricorrere come una carie o uno sporadico mal di pancia.
Nel senso che può presentarsi alle nostre porte senza spaventarci, in primis, e senza necessariamente portare con sè sequele di disagio e invalidità.
Gestire in maniera appropriata la cervicalgia può portare a episodi successivi brevi, magari con lieve dolore e con una buona risposta del corpo e dei sintomi ad esercizi, proposte di movimento.
Capita di svegliarsi e sentirsi leggermente bloccati col collo da un lato. Se il mio collo però è già allenato, ha una buona mobilità nella vita di tutti i giorni e ho sane abitudini quotidiane (posturali, motorie, di igiene del sonno e alimentazione), probabilmente il fastidio resterà tale e anche il mio cervello lo interpreterà come qualcosa per cui non vale la pena preoccuparsi, contribuendo a sua volta ad affievolire gradualmente il sintomo.
Facile, no?
Beh, non così intuitivo. La presa in carico del proprio dolore cervicale deve essere innanzitutto appropriata: da una diagnosi e valutazione appropriata, ad un trattamento ed approccio attivo appropriati e PERSONALIZZATI.
Rimedi alla cervicalgia: esistono i protocolli?
Se prima infatti abbiamo visto dei principi che valgono per tutti, il come metterli in pratica è estremamente soggettivo.
Siamo tutte persone diverse, dalla corparatura all’agenda quotidiana e diversi circa le proprie routine, a partire dal modo di muoverci al modo di gestire lo stress; abbiamo tutti credenze diverse sul dolore e soglie del dolore differenti. Ecco perchè non ci sono protocolli per la cervicalgia!
Sposare un protocollo o limitarsi a voler spegnere i sintomi (spesso con soli farmaci, cerotti e rimedi passivi più o meno istantanei), implica non indagare il perchè sia insorto quel dolore e predisporre a recidive verosimilmente sempre più invalidanti e meno responsive a quegli stessi rimedi sintomatici sperimentati.
Inoltre, da giovani e con tessuti ed un sistema nervoso estremamente plastici e responsivi, spesso si vive incosnapevolmente di rendita ed episodi di dolore come quelli cervicali possono passare in sordina e venir ignorati e sottovalutati.
Ma col tempo, con il ricorrersi degli episodi o laddove il terreno non sia fertile (stile di vita sedentario, ipo o ipersonnia, attivazione continua dell’asse dello stress), il sistema “sposto la sporcizia sotto al tappeto” è destinato a fallire.
Ma veniamo alle buone notizie: gli strumenti per gestire e alleviare il dolore cervicale sono molti, quindi abbiamo un ricco repertorio di strategie semplici e non invasive da cui attingere.
Esercizio e terapia manuale: due fedeli alleati
Le due strategie più comunemente utilizzate, quasi sempre insieme, sono la TERAPIA MANUALE e l’ESERCIZIO TERAPEUTICO.
La terapia manuale è condotta dal Fisioterapista e include proposte di mobilizzazioni articolari, massaggio e tecniche sui tessuti neuromiofasciali e le manipolazioni.
L’esercizio per il distretto cervicale è invece per definizione attivo e può avere diversi
obiettivi: agire sulla forza, sulla stabilizzazione del collo, sul controllo motorio e sulla resistenza.
Naturalmente serve anche ad acquisire fiducia sul poter muovere il collo in sicurezza e in contesti sempre più sfidanti.
Altra buona notizia: dal riscontro della mia pratica clinica e della letteratura, pare possano essere sufficienti pochissimi esercizi per stare meglio. E anzi, troppi esercizi sono sconsigliati.
Una attenta valutazione permette infatti di capire su cosa lavorare per portare avanti in autonomia il miglioramento terapeutico e quindi costruire ad hoc su di te uno, due o massimo tre esercizi estremamente mirati.
Se ad esempio la mobilità del tuo collo è leggermente deficitaria ruotando a destra e il controllo motorio del tuo collo non è ottimale (non capisci in che direzione sta andando, devia, torna in una posizione diversa da quella iniziale), nulla vieta di creare un solo esercizio che agisca su entrambe le peculiarità.
Ad esempio, potremmo costruire un esercizio davanti allo specchio chiedendoti di andare a guardare un post-it posto alla tua destra e seguire col collo la direzione degli occhi, rispettando la direzione del movimento che va linearmente al post-it.
O potresti posizionare un oggetto alla tua destra e andare ripetutamente a toccare l’oggetto con il contatto della tua guancia e con delicatezza (quindi con un buon controllo).
Quali sono gli effetti dell’esercizio?
Si ritiene che l’esercizio sia in grado di modulare il dolore, alterandone la percezione, stimolando circuiti di ipoalgesia cioè di minor attivazione delle vie che stimolano il messaggio di dolore.
L’esercizio consente inoltre di mantenere attivi i progressi raggiunti nelle sedute di Fisioterapia e consolidare quindi le escursioni articolari raggiunte, le sensazioni positive (fluidità, scioltezza nei movimenti e nei reclutamenti muscolari).
Rende quindi un miglioramento, che altrimenti sarebbe transitorio ed effimero, continuo e con risultati a lungo termine.
Quali sono gli effetti della terapia manuale?
La terapia manuale promuove cambiamenti favorevoli nei tessuti trattati, e a sua volta agisce sulla modulazione del dolore. Permette inoltre di lavorare nel “micro”, fornendo stimoli positivi anche in distretti piccoli, ad esempio agendo solo sulla porzione superiore o inferiore della colonna cervicale,o promuovendo maggior disponibilità al movimento di strutture muscolari e miofasciali altrimenti poco propense ad accompagnare certi movimenti.
E, dulcis in fundo, è un fortissimo strumento per guidare la scelta degli esercizi migliori e renderli sempre più specifici e funzionali: se una tecnica funziona molto bene su dolore e disabilità, si possono analizzare le componenti e tradurle in un esercizio autonomo e con analoghi obiettivi.
NB: Terapia manuale è l'”etichetta”: dentro le tecniche sono centinaia, se non migliaia, e anche queste vanno adattate alla tua persona, al livello di dolore e tolleranza.
Quindi, non temere sia qualcosa di aggressivo. Anzi, la terapia manuale promuove un maggior benessere e non mira ad aumentare il dolore.
Ecco che gli ingredienti sono pochi, semplici e senza effetti collaterali!
Che tecniche manuali mi farà il fisioterapista?
Intanto ti rassicuro dicendo che la seduta di Fisioterapia è uno spazio di confronto reciproco. Io spiego sempre su cosa andremo a lavorare, chiedo alla persona se è favorevole all’approccio proposto e se ha determinate preferenze.
In generale, le tecniche sono molteplici e possono essere molto utili per preparare i tessuti, promuovere la mobilità e la riduzione di dolore, ma nello specifico vengono decise solo dopo la valutazione e modificate in funzione della ri-valutazione.
Infatti, ad ogni seduta si registra il riscontro della seduta precedente, si constata cosa ha funzionato maggiormente e si integrano tecniche sempre più mirate, soprattutto se ben tollerate.
Spesso occorre valutare e, se necessario, trattare anche distretti vicini, anatomicamente e funzionalmente connessi, come la colonna dorsale, il diaframma, la gabbia toracica.
O ancora, la cervicalgia va spesso di pari passo con problematiche di mal di testa e/o legate all’articolazione temporo-mandibolare. Queste vanno correttamente inquadratate e richiedono una attenta valutazione.
Una volta inquadratate, si sa che trattarle migliora anche le problematiche cervicali e, viceversa, il lavoro sul tratto cervicale (soprattutto alto- quindi sulle prime vertebre) riduce dolore e disabilità della zona mandibolare e spesso riduce possibili trigger che contribuiscono all’insorgenza od alla disabiilità del mal di testa.
Spero con questo articolo di essere riuscita a trasmetterti una visione nuova e più positiva della cervicalgia, magari di averti trasmesso curiosità e voglia di provare a costruire una tua routine di cura ed esercizio per la tua CERVICALE.
Naturalmente prevenire è sempre meglio di curare, quindi ancora meglio capire l’importanza di un collo abile, forte e pronto alle avventure della nostra quotidianeità e agire prima di dover passare nelle mani di noi Fisioterapisti!
Quindi, buon ESERCIZIO e ti aspetto per leggere altri articoli del blog utili e interessanti. Hai già letto l’articolo sul colpo della strega?!
Se hai bisogno di un consulto per la valutazione del tuo mal di schiena, puoi contattarmi al 3483176658 o per mail francescafisioterapista@gmail.com